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Il processo alla gomma bicromata o semplicemente "gomma" (cosiddetto perchè usa come resina 'gomma arabica' vegetale al posto della 'gelatina' fotografica) è nato oltre150 anni fa godendo di notevole seguito per almeno 40 anni. É stato a più riprese resuscitato ed ancor oggi è forse quello maggiormente sperimentato, tra le antiche tecniche fotografiche.
Il suo successo è dovuto senz'altro alla semplicità esecutiva se paragonato ad altri procedimenti, ma pure alla infinita potenzialità espressiva sia in addizione che in sottrazione manuale sulla copia.
Si prepara una "pappa" - come si usava dire - composta di gomma sciolta in acqua, colorata con una terra in polvere o acquerelli e 'salata' con un sensibilizzante; il tutto a concentrazione e viscosità controllati.
Con questo miscuglio si stende un'ottima carta da disegno, rapidamente asciugata per debole riscaldamento.
Il foglio viene quindi esposto sotto un negativo alla luce UV di un apposito espositore (oppure sotto una lampada abbronzante o direttamente al sole) in modo che il sale sensibile - conciando la gomma arabica proporzionalmente alla quantità di luce ricevuta - trattenga anche il colorante che formerà i tratti dell'immagine .
Il foglio immerso in acqua, subisce quindi uno "spoglio" (che non corrisponde ad uno sviluppo chimico) con eliminazione di gomma e colorante non induriti (o fissati parzialmente) trascinando l'eccesso e lasciando l'immagine sulla carta.
La scala tonale della stampa alla gomma è piuttosto ristretta, tale da richiedere di norma stese multiple. Perciò è importante poter mettere a perfetto 'registro' il foglio già precedentemente esposto, punzonando gli angoli della maschera del negativo.
Il procedimento permette infiniti interventi nel corso dell'esecuzione, sia in fase umida che ad asciugatura avvenuta, ma richiede manualità e continuità di esecuzione.
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